Diversamente dai modelli della razionalità limitata (conseguenza e appropriatezza), caratterizzati da incertezza, il modello garbage can è contraddistinto da ambiguità e confusione che, in quanto tali, non possono essere ridotte attraverso l’aumento delle informazioni e delle conoscenze disponibili.
Ciò determina alcune conseguenze importanti:
1. gli attori non possono guidare razionalmente il processo decisionale, dato che gli scopi e le preferenze non possono essere definiti prima e indipendentemente dal processo stesso, ma prendono forma soltanto durante il corso dell’azione nella quale essi si sviluppano (il processo fornisce la base sulla quale gli attori recitano la propria parte);
2. le attività e i compiti sono necessariamente ambigui e indeterminati;
3. le procedure e i modi di andare avanti sono fra loro mutuabili ed equivoci;
4. i partecipanti e gli attori impegnati nel processo entrano ed escono dalla scena in relazione al livello d’interesse che li lega ai problemi, cosicché anche la partecipazione risulta essere fluida e incostante.
Il fatto che non si tratti di un processo lineare fa sì che nella realtà anche queste variabili, più che essere collegate da un ordine di sequenza – si parte da una criticità per arrivare, attraverso la definizione di una specifica procedura da parte degli attori coinvolti nel processo decisionale, a scoprire una soluzione pertinente – si incontrino con una modalità che assomiglia molto a quella del cestino nel quale si trovano ad essere mescolate specie diverse di rifiuti prive di legami tra di loro.
Nella vita vera abbiamo a che fare insomma ogni volta con un numero ragguardevole di variabili (soluzioni potenziali, problemi latenti, attori rituali, opportunità ecc.), che seguono il proprio corso in maniera indipendente fino a quando non intervengono fattori contingenti e temporali che favoriscono il loro incontro in un ordine di sequenza non necessariamente lineare e che rappresentano i criteri che regolano le scelte.